Leggo spesso la vostra rubrica e rivedo un pezzettino di me in ogni 30enne che scrive! Rivedo me nella sigla di Beverly Hills 90210; rivedo me quando Joy si nascondeva nell’armadio di Dawson; quando i ciuccetti si appendevano agli orecchini e quando il pomeriggio prima di fare i compiti era immancabile l’appuntamento con le ragazze spensierate di “Non è La Rai”!
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Ho tirato un sospiro di sollievo nel leggere che qualcuno capiva Michele: il fatto è che in pochi riescono a scindere il capire dal condividere, il sentire dall’emulare, il compatire dal provare pena. Non nego che se fosse stato un mio amico lo avrei portato con me a camminare nel bosco o in enoteca davanti una serie infinita di calici
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Ho passato parte della mia adolescenza a chiedermi come sarebbe stata la mia vita da adulta, fantasticando sulla donna che sarei diventata! La mia immaginazione era incontrollabile, mi sono pensata rivoluzionaria, mi sono immaginata donna in carriera, viaggiatrice e manager, mi sono vista ricercatrice! Crescendo però, passo dopo passo vedevo ciò che ero, o non ero diventata, perché con l’età subentrava
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Stasera, finalmente, pizza! Non vedevo l’ora. Secondo me, tra le altre cose, ti accorgi che hai oltrepassato la soglia dei trenta quando non puoi più fare a meno dei carboidrati complessi. O meglio, puoi farne a meno, ma il tuo umore inizia a dipendere inesorabilmente dalla quantità di carboidrati assunti in una giornata. Non importa che si parli di un
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“Lo faccio sempre, mi espongo, mi incazzo, ci credo, ma stavolta fa troppo male. Ho visto “L’aria che tira”, ho ascoltato le parole superficiali di Rondolino, e mi sono detta che Michele potrei essere io, ogni volta che vado ad un colloquio e torno a casa con la consapevolezza che non è andata, quando mi chiedono perché non mi sono ancora
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