Ho quasi 33 anni e nel giro degli ultimi 12 mesi ho cambiato tre lavori. Per mia scelta.
Nella prima azienda ho lavorato per più di 5 anni. Appena uscita dalla laurea ero piena di speranze, piena di voglia di far bene.
Ho lavorato duro, con colleghi anagraficamente molto più grandi di me, forse non troppo disposti a voler accettare qualcuno che avesse voglia di sfondare.
Ho stretto i denti e con tutta questa mia energia, ho anche continuato a studiare, perchè poteva servire per fare carriera. Sono risultata la migliore del mio corso, vincendo così una borsa di studio per andare sei mesi all’estero.

Ho lavorato duro, con colleghi anagraficamente molto più grandi di me, forse non troppo disposti a voler accettare qualcuno che avesse voglia di sfondare.
Ho stretto i denti e con tutta questa mia energia, ho anche continuato a studiare, perchè poteva servire per fare carriera. Sono risultata la migliore del mio corso, vincendo così una borsa di studio per andare sei mesi all’estero.

Grande indecisione: partire o restare; un contratto a tempo indeterminato in ballo e tante promesse per la mia crescita in azienda da parte dei miei datori di lavoro.
Alla fine sono rimasta. Era impensabile rinunciare a un contratto a tempo indeterminato e non credere a tutte quelle promesse.
Ma alla fine, tutte le loro parole date erano solo parole e io sono sì rimasta, ma sono anche andata via.
Ho trovato un altro lavoro in una grande azienda, colleghi giovani, simpatici e volenterosi. Avevo fretta di andare via dall’azienda dov’ero e mi sono detta: non avrò prospettive di carriera ma almeno vedrò come funziona una grande società.


Sono diventata una pendolare lavorando in un’altra città; ho vissuto mesi intensi, ho lavorato molto facendo tante ore di straordinario.
Ho avuto però crisi di pianto e d’isteria quasi giornaliere. Non per il troppo lavoro, sia chiaro, ma perchè quello che stavo facendo non mi piaceva. Ero solo un pezzo di una catena. Non mi dava nessuna soddisfazione e in più stavo rinunciando totalmente alla mia vita fuori dal lavoro. Sono ingrassata di 13 chili in 11 mesi a causa dello stress e della mia insoddisfazione.

Ho avuto però crisi di pianto e d’isteria quasi giornaliere. Non per il troppo lavoro, sia chiaro, ma perchè quello che stavo facendo non mi piaceva. Ero solo un pezzo di una catena. Non mi dava nessuna soddisfazione e in più stavo rinunciando totalmente alla mia vita fuori dal lavoro. Sono ingrassata di 13 chili in 11 mesi a causa dello stress e della mia insoddisfazione.

Trasferirsi vicino all’azienda e rifarsi una vita? Ci ho pensato, anche a lungo.
Ma trasferirsi per fare qualcosa che ti fa stare così male, che senso ha?
Ma trasferirsi per fare qualcosa che ti fa stare così male, che senso ha?
Sono fuggita alla prima occasione che mi è capitata e ora, ora sto peggio di prima, con in più la consapevolezza che ormai non posso più cambiare perchè il mio curriculum perderebbe di qualsiasi credibilità.
Oggi mi sveglio e penso che a 33 anni non sono felice. Che non so chi sono, nè chi voglio essere. Che tutto quello che avevo sognato non l’ho realizzato, che ho sbagliato.
Che non ho più le ambizioni di carriera di un tempo né tantomeno, la voglia di lottare per essere qualcuno.

Oggi mi sveglio e mi domando dov’è finita la grinta che avevo a 26 anni, quando ero pronta per conquistare il mondo.
Oggi mi sveglio e rimugino sul fatto che, in fondo, un anno sabbatico per capire chi ero potevo prendermelo quando “ero giovane e potevo farlo”.Ora non posso più, anche se non ho figli e non sono sposata.
Oggi mi sveglio e penso che magari mollo tutto e riparto da zero e chissene importa di quel che sarà.
Penso che potrei andare a vivere in un paesino, vivere di campagna e di piccoli lavoretti semplici e concreti, senza dover per forza avere la certezza di un lavoro o un futuro stabile.
Penso che potrei andare a vivere in un paesino, vivere di campagna e di piccoli lavoretti semplici e concreti, senza dover per forza avere la certezza di un lavoro o un futuro stabile.
Ma a 33 anni, si può ancora scegliere?
A. Roma
itrentenni@gmail.com
itrentenni
Questo spazio è dedicato alle vostre storie.
Riflessioni, propositi, affanni, sogni, ricordi, speranze, cicatrici, obiettivi, preoccupazioni, desideri. Parole sparse, pensieri e riflessioni. Voglia di raccontarsi o semplicemente di sentirsi come a casa.
Scriveteci a itrentenni@gmail.com
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Alessandro
A 33 si può scegliere ancora, eccome se si può e sarebbe sbagliato pensare di non poterlo fare. Certo, magari a 33 anni non potrai più fare il cardiochirurgo o l’astronauta ma se vuoi rivoluzionare la tua vita puoi farlo comunque e se non sei felice nella condizione presente hai tutto il diritto di andare nella direzione di ciò che ti fa felice. La vita in fondo è una, è nostra e almeno fino a che le nostre decisioni non producono conseguenze per altri (figli, mogli/mariti) siamo nell’invidiabile posizione di fare quasi tutto quello che ci pare.
Non siamo tutti programmati per essere sposati e in carriera a 30 anni e non è detto che quelli che lo sono siano anche felici di esserlo, semplicemente magari non si pongono il dubbio.
Io ho 31 anni, quasi 32, lavoro da 10 anni, sono passato attraverso lavori mal pagati, da due anni lavoro con contratto a tempo determinato rinnovato di anno in anno, con un sacco di promesse di assunzione che non si sono mai concretizzate e mi rivedo molto in alcune delle vicende che hai descritto.
Sarà banale, ma il mio consiglio è quello di seguire l’istinto che magari non ti porterà ad avere i milioni sul conto in banca ma sicuramente sa meglio di chiunque altro che cosa vuoi davvero dalla tua vita.
Buona fortuna, qualunque sia la strada che prenderai
Lou Del Bello
Perche’ cambiare al ribasso, quando puoi cambiare al rialzo? Ho 33 anni anche io, sono freelance e vivo in un paese (non l’Italia ovviamente) dove gente che ha cinque o sei anni meno di me occupa gia’ ruoli senior in aziende internazionali. Mi suicido? Mi riciclo come food blogger.? Magari la seconda, ma non ora. Faccio un bel biglietto e parto con un portafoglio quasi vuoto per un altro paese distante dove il mio contributo professionale avra’ piu’ valore. Finche’ non hai marmocchi da mantenere e un mutuo sulle spalle, non c’e’ niente che ti fermi. La prima cosa da lasciare indietro sono gli stereotipi che ci vengono inculcati fin dall’infanzia secondo cui se non ti sistemi dopo i trent’anni sei un fallito. Ho passato tutta la vita a sentirmi vecchia per la mia eta’ e mi rifiuto di permettere che la mia vita venga determinata da pregiudizi e idee che non hanno nessun riscontro pratico se non quello che gli associamo noi stessi.
ceci
Ho letto in un fiato le tue parole. Ho 33 anni, quasi 34, e la storia che hai scritto è identica alla mia. Credo di aver perso dei”treni” per tenermi quello che al momento mi sembrava più stabile, più solido, perché in fondo quello che cercavo non erano i sogni di gloria o la carriera da manager rampante, in giro per il mondo. Mi sarei accontentata di una vita serena, vicina agli affetti, con un amore al fianco e un lavoro che mi permettesse di realizzarmi quel tanto che serviva per non sentirmi nessuno. E invece ad oggi, di tutte queste cose non ne ho quasi nessuna: lontana dalla famiglia, l’amore che credevo di aver avuto non c’è più, e ho un lavoro che mi deprime, dopo esperienze altrettanto deludenti. E se l’avessi colta quell’opportunità, se l’avessi fatto quel viaggio? Posso farlo ancora adesso? Non lo so, non credo. Perché ormai sono una persona diversa da quella che ero 7/8 anni fa, con tutto quel che ne comporta. Scusa per il commento fiume, sto parlando di me e ho forse divagato… ma credo di percepire il tuo stato d’animo. Che dire, conforta sapere di non essere soli a farsi le stesse domande. E in fondo, forse, qualcosa può ancora cambiare., auguriamolo a noi stesse!
Sara
Io a 30 anni ho mollato tutto e sono andata all’estero.
Non è stata una passeggiata ricominciare da zero e ho dovuto cambiare almeno 3 lavori prima di trovarne uno che mi piacesse.
Ora ho trovato la mia strada, ma ho anche capito che la città dove vivo non fa per me e quindi sono pronta, all’alba dei 35 anni, a mollare tutto di nuovo e partire da zero in un altro posto.
Non è necessario fare un cambiamento drastico come ho fatto io, ma il punto è che per me si può fare e ce la si può fare.
Isa
Sì, a 33 anni si può ancora scegliere. Io lo sto facendo a 32, dopo un percorso di studi “non lineare” e dopo una laurea magistrale scelta perché mi piaceva, come te ho lavorato in una multinazionale in un’altra città, vivendo a metà perché non stavo bene dove ero nonostante fosse un ottimo posto, ambito da tanti e che ho desiderato a lungo, fino a che ho capito che l’idea che mi ero fatta non corrispondeva alle aspettative e non ero fatta per quel lavoro. Dopo crisi di pianto e stress quotidiano ho dato le dimissioni, scegliendo un lavoro precario, ma che mi ha resa felice, anche se per poco. Ora so quello che non voglio fare ed è un primo passo. Ho deciso di muovere i prossimi passi in base alle necessità del momento e non avendo figli, mutui o problemi familiari sono in Inghilterra a migliorare l’inglese, uno dei miei talloni di Achille.. Intanto rifletto e costruisco il dopo, finalmente libera dall’idea di dover seguire un percorso che non fa per me. Certo, ogni tanto mi assale ancora la paura dei buchi sul curriculum, della disomogeneità di esperienze e tutte quelle cose: allora vado a fare una passeggiata e aggiorno mentalmente i piccoli obiettivi che sto raggiungendo. E soprattutto ripenso a quello che NON voglio fare.
Quindi, forza, non perdere la speranza, che il primo passo lo hai già fatto!
elian
dopo i 26 anni ho dovuto sempre “calcolare” la mie eta’ a partire dalla mia data di Nascita. Quest’anno, ho calcolato che compiro’ 35 anni. A 24 anni scelsi di partire e andare a lavorare all’estero. Ho lavorato per 6 anni in una piccola azienda e contemporaneamente studiavo per il mio dottorato di ricerca. Non mi sono mai fermata a capire quale fosse il mio sogno. Era importante solo fare carriera. Mi sono sposata. Ho avuto un figlio. Sono ripartita e andata a vivere oltre oceano.. Qui in 4 anni ho cambiato 3 lavori, e sto per ricambiare. E’ arrivato un altro figlio. Ho guadagnato abbastanza soldi da potermi permettere una vacanza in hotel a 5 stelle ogni mese, e posso mangiare cibo biologico tutti i giorni, E nn sono felice. Voglio cambiare, ma a 35 anni, e con 2 figli cosa significa cambiare? Rinunciare ad un buon salario e ripartire da zero? E chi assumerebbe una 35nne che deve tornare a casa in tempo perche’ l’asilo nido chiude alle 6 del pomeriggio?e pure ogni giorno mi alzo e mi dico che oggi dovrei fermarmi, prima che sia troppo tardi e cambiare. Il problema di chi credera’ in me non dovrei pormelo io
Luca
Quello che sei non è scritto da nessuna parte tantomeno nel tuo curriculum. Non sono ancora(per poco) un trentenne, ma i fallimenti sono tali solo di fronte alle aspettative e non hanno età. Da come dici hai molte capacità acquisite tramite le studio e anche l’esperienza ed inoltre sembri avere anche una grande forza di volontà. Puoi fare tutto, anche prenderti un anno sabatico e pensare veramente se la strada professionale che hai intrapreso non sia solo un traguardo per colmare le aspettative iniettate dall’esterno o la vera aspirazione di una vita.
Melissa
Mi hai fatto venire la pelle d’oca, potrei aver scritto io ,quasi, ogni parola. Se fai una scelta, per paura di tentare sicuramente sarà una scelta sbagliata. Se ci ritroveremo a vivere in una comune a 40 anni, a lavorare in campagnaalmeno avremo vissuto la nostra vita, io non mi voglio ammalare per il lavoro, e il lavoro in campagna è stata la parentesi più bella della mia vita
RAFFA
CAMBIA, CONTINUA A CAMBIARE!
Pensavo molto simile a te esattamente 4 anni fa quando mi chiedevo cosa fare della mia vita. Sono del 1984. Poi un’offerta strana, India. Non quella dei film nè di Bolliwood, ma terzo mondo, braccia strappate alla raccolta di frutta dagli alberi e radici dal sottosuolo, pastorizia per qualcuno ed un unico “formaggio”, il paneer.
Mi sono spaccato ilfondoschiena, sì. Ripartendo da zero a 10 anni da una laurea mai utilizzata. Ma all’estero, laddove non è ancora arrivato il declino post rivoluzione industriale, laddove vengono chiamati terzo mondo ma le grandi imprese mandano avventurieri a dare linee guida affinchè prodotti e servizi siano accettabili per essere venduti sul mercato OCCIDENTALE; IL PRIMO MONDO, laggiù competi ad armi pari in un mondo in pieno fermento, dove tutti possono provare a realizzare i loro sogni perchè c’è bisogno di tutto.
Poi in lontananza senti un treno fischiare.. a te chiederti se ti piaccia ancora il luogo oppure no.. a te prendere il treno al volo e reinventarti.
Non sono più in India, e non so quanto starò in questo posto..
Perchè fossilizzarci sul posto fisso che non ti fa godere la vita e fare nuove esperienze?conoscere nuova gente e vivere..
La v ita è tua, ed è unia. continua a reinverentarti. ne hai il diritto
Massimo
Ciao, stessi discorsi e pensieri che faccio io. Io ho quasi 35 anni. Ho studiato una cosa che non mi piaceva ma che era la meno peggio, cioè ingegneria. A 19 anni non sai se è meglio far eil medico, l’ingegnere, l’elettrauto o il pizzaiolo.
Pensavo fosse una cosa che mi avrebbe permesso di diventare qualcuno, proprio perchè viviamo in una società dove nasci, cresci e diventi grande a colpi di stereotipi.
Ho cambiato città, subito, dopo la laurea, quest’ultima conquistata a fatica.
Ho iniziato per stage, poi apprendistato fino all’indeterminato con cui sto da 4 anni.
Ho saltato varie ditte, piccole sui 40-50 dipendenti che non mi hanno mai permesso realmente di crescere e di diventare abile in una tecnologia,ma facendomi fare di tutto un po.
Oggi dopo 7 anni mi sento un po avvilito e penso che le scelte sbagliate abbinate a un po di sfortuna e contingenza mi abbiano condotto a questo.
Nel 2016 ho provato a mandare tutto al diavolo, dimettendomi per uscire da questo mestiere (quello della consulenza IT) che è un mestiere molto gettonato ma spesso triste, in cuisei sballottolato qua e la come un cane senza padrone.
Purtroppo mi è andata male. Mi proposero di andare in svizzera a lavorarema rifiutai perchè nel contempo avevo comprato casa piuttosto che pagare 500-600 euro al mese di affitto da anni.
E se ci fossi andato sarebbe andata meglio? non so, la favola di prnedere e andare all’estero è bella finchè non la si vive di persona. All’estero non aspettano Te perchè sei bello e bravo. Aspettano te perchè costi meno di un locale. Come in italia ci sono ormai camerieri ed aiuto cuochi pakistani o rumeni, all’estero ci sono lavoratori italiani che a fornte di uno stipendio migliore che in italia vanno. Poi però dimenticano i costi superiori della vita laggù e finiscono per fare i poveri migliai di km da casa.
Per come la vedo io, ho avuto coraggio ad abbandonare l amia città all’epoca, 7 anni fa a differenza dei miei compagniche cercavano il lavoro sotto casa. Avevo voglia di fare e imparare, ma x tutta una serie di motivi, mi sono un po rattristito. Città grande, confusione, orari furibondi talvolta, stress, mezzi pubblici, dresscode, mail, colleghi talvolta squali ecc.
Invidio (o ammiro, per meglio dire) quelli che hanno un lavoro tranquillo, impegnativo certo ma in grado di poterselo gestire, che hanno un’attività che permette loro ogni tanto durante l agiornata di uscire e prendere una boccata d’aria e non stare 8 ore in un ufficio in mezzo a gente che sbuffa e dice “che palle” 10 vv al giorno.
Onore a tutti quelli che hanno il coraggio di cambiare e le idee chiare.. io purtroppo sono un po deluso e disilluso
Sonia
Ogni parola che hai scritto mi rappresenta. Stesso scenario, laureata, esperienza all’estero grazie ad una borsa di studio, rientro in italia e lavoro a tempo indeterminato per 4 anni in un’azienda che mi ha prosciugato l’anima, do le dimissioni e vado in svizzera a prendere uno stipendio che qua ce lo sognamo, ma sono infelice, il capo ha problemi di gestione della rabbia e si sfoga ogni giorno su di me. Piango ogni sera all’idea di tornare l’indomani al lavoro, do nuovamente le dimissioni, faccio colloqui, mi promettono contratti, ma non arriva nulla e da 3 mesi sono inoccupata e mi sento una fallita totale a 33 anni
Chi vuoi che io sia
Ciao. Ho letto con piacere la tua storia e non mi sono sentito solo in questa vita di… scelte ! Si, scelte dettate da cosa?
Dall’ansia di creare una carriera per i figli( cioè noi in questo caso) . Ma i figli cosa sono? pezzi di un computer da formattare?
A voi l’ardua sentenza… io posso dire che mi ritrovo a quasi 35 anni a dover ricominciare da capo . Vedremo come andrà, ma in qualsiasi modo, sarà una scelta dettata dalla mia volontà sta volta.
Nicola
Sono ormai vicinissimo ai 33 anni e in continua e a volte disperata ricerca di me stesso e dei miei obiettivi. Mi manca la determinazione che avevo alcuni anni fa quando gli obiettivi erano studiare e “lavoricchiare” per mantenermi. Oggi che sono laureato e non cerco più il lavoretto, ma qualcosa in più tutto è più difficile, dispersivo, siamo spaesati. La cosa più ardua è lottare per qualcosa in cui credi, quando ti manca qualcosa in cui credere, un obiettivo da raggiungere che non sai qual è e soprattutto non sai come. Ok l’estero, basta uscire fuori dall’Italia perché le opportunità possano cambiare e aumentare, ma l’estero non è la terra promessa, questo ormai si sa e quando c’è qualcosa che ti trattiene significa che una parte di te sa che andare all’avventura potrebbe non essere la cosa giusta da fare in questo momento, in questo modo, magari senza agganci, senza arte ne parte, perché quando non sei più un ragazzino e dopo tanti sacrifici ti piacerebbe ricevere solo un pizzico di quanto seminato. Niente ci è dovuto, è vero, ma non mi sembra neanche giusto che niente ci possa essere concesso. Non è la prospettiva del futuro che preoccupa, ma la possibilità di vivere il presente in un modo migliore.. E allora non ci resta che fare uno sforzo di volontà per leggerci dentro, chiederci cosa ci manca veramente perché la nostra vita abbia un senso, e andarcelo a prendere, ovunque sia e in qualunque modo. Da quando hai scritto queste parole è passato poco più di un anno. Ad oggi, come vanno le cose? Buona vita a te!
Danila
Io ti direi di cambiare, provarci almeno, pure se comprendo l’ostentazione e i dubbi che ti affliggono, alla fin dei conti è quello che tento di dire ogni giorno a me stessa. Ho 33 anni, la tua storia è praticamente identica alla mia, con la sola differenza che due anni fa presi 12 chili in un mese solamente per lo stress, il Dottore mi disse che avrei dovuto cambiare, io lo sapevo, mi laureai per lavorare nel no profit e finì per lavorare come consulente IT pur di potermi pagare un affitto di 500 euro che non mi lasciava modo di vivere. Cambiai sempre per far consulenza, ma la consulenza non mi si addice, o meglio è lavorare 8/10 ore davanti ad un pc seduta ad una scrivania che non sopporto. Da due anni mi è tornata la fissa di voler partire, per andare in Spagna, ma mi trattiene il fatto di aver un contratto a tempo indeterminato, connesso al fatto che la Spagna probabilmente è molto più in crisi di noi in tema di occupazione. Ho pure ripensato di tentare nel no profit, ma mi rendo conto che mi sto imbattendo in un modo marcio, Associazioni Onlus che mi rispondono che se non ho esperienza non posso collaborare, e altre che mi chiedono 1500 euro per del far volontariato. Spero uno di questi giorni di poter scrivere di aver cambiato di nuovo, perché alla fine se ciò che facciamo non ci rende felici, per quale motivo dovremmo sprecare altro tempo per permanere in tale condizione di insoddisfazione? Non abbiamo un’altra vita da vivere. Buon cambio.
Sara
Quante storie simili, fa bene al cuore pensare di non essere soli in questa situazione disgraziata. A differenza dell’autrice del post, io non ho molte possibilità di scelta – salto da un lavoro all’altro nella speranza che il contratto a termine duri più di qualche mese. Dopo due lauree umanistiche finite con il botto e un contratto determinato prima ancora di consegnare la tesi ero convinta che tutti i miei sacrifici fossero stati ripagati (studiavo grazie alle borse di studio, ai lavoretti e alla fame, i miei non potevano mantenermi). E invece …. Invece il lavoro dei miei sogni si rivelò uno sfruttamento da parte dei miei superiori con uno stipendio ridicolo. Avessi avuto più amor proprio, avrei dovuto rifiutare e cercare altro. Ma no, mi dicevo, l’esperienza conta, poi con un contratto part-time posso sempre trovare un’attività parallela. L’ho fatto, ho sgobbato giorno e notte per poche centinaia di euro al mese.. Risultato? Depressione grave, relazione sentimentale andata in pezzi per colpa dei miei attacchi d’ansia. Perché finito il contratto, mi sono ritrovata per strada senza tanti complimenti. A distanza di due anni cerco qualsiasi opportunità lavorativa, con umiltà e asciugandomi le lacrime quando mi offrono di lavorare gratis.. Non ho un presente né un futuro. La depressione torna a trovarmi di tanto in tanto, ma cerco di andare avanti. Ah sì, il mio ex è diventato il classico raccomandato che non comprende i miei sforzi per trovare lavoro retribuito ….
MAURO
Il mio percorso lavorativo è sempre stato travagliato, vengo da una famiglia povera e ho voluto sempre di più di quanto loro potessero darmi.
Dai 13 ai 16 anni d’estate lavoravo con mio padre e per farmi qualche soldo ho imparato a fare impasti e lavori edilizi fin che non sono caduto dal campanile di una chiesa mentre distribuivo mazzetti di tegole.. Mio padre si mise paura e non mi prese più con se.. Odiavo questo tipo di lavoro e mi concentrai per diventare designer, in Sardegna non esistevano scuole ne lavori come designer perciò aspettai fino al diploma e nel frattempo facevo le stagioni (ristoranti e barche).
Dopo il diploma Presi la laurea a Roma in scienze economiche della moda, la sera lavoravo come ragazzo e assistente premiere in una sartoria di abiti da sposa. Il mio obiettivo era entrare in ufficio stile, diventare il più bravo dell’ufficio e fare carriera in quel mondo.
La mia famiglia mi aiutò il primo anno di studi, poi vinsi delle borse di merito e I rubinetti di casa si chiusero del tutto. Una volta presa la laurea mi ritrovai poverissimo e dovevo lavorare per campare, di conseguenza ho avuto poche occasioni per formarmi e rendermi competitivo a livello istituzionale (niente scuole speciali, niente master, niente stage) quindi dovevo escogitare degli stratagemmi, dovevo imparare l’inglese perchè ogni offerta di lavoro del settore richiedeva la lingua inglese, Decisi di partire a Londra con due spicci, mi ospitò un amico il primo periodo, mi iscrissi in uno di quei corsi di piccadilly circus per italiani a Londra, il primo mese gli detti 1200 € e non pronunciavo nemmeno Hello quindi non proseguii il corso, però vicino alla casa nella quale alloggiavo c’era una barbona (miss chantalle) e iniziai a conversare con lei in cambio di caffè di moka e qualche lavatrice., nel giro di 15 giorni imparai a parlare e scrivere e subito dopo riuscii a trovare lavoro. La prima mansione che trovai trattava la vendita di prodotti per isolamento della casa in formula B2B per una ditta indiana e in un mese riuscii a vendere 3 dispositivi, con quei soldi mi licenziai, trovai un ragazzo modello e iniziai a fargli lo styling coi vestiti prestati dal mercato di Camden town. Riuscivo a conversare in lingua con chiunque e dopo trovai un lavoro come stylist alla saatchi gallery ovviamente precario e saltuario. La mia vita era ancora molto instabile economicamente e qualitativamente quindi decisi di tornare in Italia dopo qualche avventura in altre città estere.
Approdai a Firenze e conobbi un tizio americano che mi offrii un lavoro, disegnavo pellicce in private label per uno store e mi licenziai al quarto mese perchè non mi pagava mi dava solo l’alloggio.
Arrivai a Milano e trovai lavoro come visual per il gruppo Benetton, avevo 24 anni sotto contratto determinato e interinale quindi ancora precario. e ovviamente una paga ridicola. Nel frattempo mandavo CV a tutti gli uffici stile di Milano, ininterrottamente puntando su laurea, portfolio e capacità manuale. Nei pochi colloqui venivano richieste skills tecnologiche tipo rendering e uso dei programmi photoshop e illustrator, non mi assumevano perchè non li sapevo usare. Non ho mai potuto permettermi un corso di disegno digitale però trovai un amico che mi passò i programmi e ancora una volta sviluppai un altra skills da autodidatta, avevo imparato oltre l’inglese anche il disegno digitale.
Dopo due anni da precario e di cv mandati invano senza alcun riscontro, decisi di aprire un attività tutta mia, mi servivano dei soldi e mi recai in una banca per chiedere un prestito, ma la banca voleva contratti indeterminati. Riuscii a ottenere un indeterminato dopo 4 mesi di leccaggio di culo a una donna molto ignorante che si beava di essere “manager”, dovetti piegarmi per piacerle ma ottenni l’indeterminato. Nel frattempo il mio progetto era pronto quindi mi recai in banca chiesi il prestito e mi licenziai dal lavoro nel retail aprendo un brand d’abbigliamento con soli 16.000 € e tasso al 9%. L’avviamento era filato liscio e anche gli shooting fotografici e anche tutta la catena produttiva si stava sviluppando fino al secondo anno quando il governo mandò uno studio di settore e mi costrinse a pagare 10.000 € di tasse in anticipo sullo storico.. Pagai queste tasse, pagai il commercialista carissimo, gli artigiani che producevano la linea che disegnavo e il mio conto tornò a zero. Con queste prospettive non ero appetibile nemmeno per potenziali investitori. Fui costretto a decidere di chiudere. nel 2018. Adesso mi ritrovo di nuovo nel retail, senza mai aver avuto accesso in un ufficio stile con un portfolio da autodidatta e nonostante sia super skillato (manuale, digitale, inglese, spagnolo e portoghese) mi sono formato da solo ma il tempo è passato quindi sono troppo vecchio per le posizioni junior, troppo autodidatta per le posizioni senior, sono ancora nessuno e sono tornato a lavorare nel retail, Ora come ora sono di nuovo indeterminato ma questa volta sono anche un job acts, parte d una catena di operai e non so come togliermi da questa situaizione. Ho capito soltanto che il successo dipende da dove nasci e chi conosci e dall’appetibilità che tu hai all’interno di un gruppo sociale. Ovviamente sto ancora mandando cv e portfolio e non voglio partire mai più all’avventura. A Milano Ho qualche amico, sono voluto bene da molta gente ma vivo ancora come uno studente in affitto in condivisione perchè non posso permettermi altro. Ho 31 anni e non sono mai entrato ufficialmente nel settore che mi interessa davvero, devo condividere il mio tempo con gli altri ingranaggi di questa catena umana, di questa schiera di operai disperati e l’unica soluzione che eticamente è la più drastica è anche quella che mi sembra sensata perchè una vita di costrizioni per mancanza di possibilità, di riuscita e di migliorare la propria condizione non vale la pena di essere vissuta, Poi possiamo metterci tutte le speranze, la tenacia e la voglia e lo spiritualismo, i tarocchi, l’oroscopo, le religioni il fatto che la vita sia sacra e non che siamo tutti figli di un coito maldestro, ma in una societa come quella occidentale basata sul Vince chi ha tempo e quindi chi ha più soldi, il povero non ha possibilità perchè deve campare. Questa è la mia verità.
Mic
Mi trovo nella tua identica situazione, a 35 anni. Restare o andare all estero? Sono restata, nessuna soddisfazione a lavoro e voglia di aprirmi a nuovi sfide e nuovi interessi che però non sto trovando! Non ho fatto carriera e mi sento già “bruciata”