Sono alle soglie dei trenta+ dieci, chissà a quale categoria apparterrò dopo, anche se confido in voi amiche degli anni ’80/’90. La nostalgia appartiene al nostro DNA quasi quanto le merendine del Mulino Bianco appartengono ai sogni edulcorati della nostra infanzia (parlo da inguaribile nostalgica pseudo delusa dopo l’assaggio di un Soldino nel 202, insomma parliamoci chiaro, niente di più di un tegolino che ci ha creduto troppo). Siamo nostalgici nel profondo, portati a pensare che tutto quello che apparteneva alla nostra infanzia fosse nettamente superiore a ciò che ci tocca da adulti, e forse in parte è così.
Photo by Annie Spratt on Unsplash
Non ricordo nulla di più confortante e caldo dei venerdì sera passati a casa della nonna, quando prima di andare a dormire ti aspettava l’immancabile tazzona di camomilla coi biscotti e la visione del cartone Disney su RaiUno (quando c’era Arianna a condurre), “Quattro bassotti per un danese” capolavoro indiscusso e ahimè troppo sottovalutato. Ricordo ancora l’emozione provata una sera d’autunno del 1991 quando è apparsa durante l’intervallo del film la prima pubblicità di Disneyland Paris, che avrebbe aperto le porte nel 1992, un sogno ad occhi aperti per tutti noi bambini, la concreta possibilità di vivere realmente dentro ad una fiaba in un paese vicino al nostro, senza bisogno di andare nella lontanissima America (anche se a tutt’oggi non ci sono ancora stata e il sogno e la magia li ho vissuti attraverso i racconti di chi l’ha visitato).
Photo by Thomas Evraert on Unsplash
Ricordo come se fosse ieri l’atmosfera di quelle serate fredde in casa davanti alla televisione con il pigiamino di flanella e i pantaloni infilati nelle calze, incantati davanti alle pubblicità dei primi bambolotti parlanti, l’attesa dell’arrivo di Babbo Natale e quell’emozione trepidante che ti portava a non addormentarti mai la sera della Vigilia. “Dormi o Babbo Natale non arriva, lui non si fa vedere da nessuno!”, e tu desideravi ardentemente di essere il primo a riuscirci, a poter dire sì ce l’ho fatta, Babbo Natale non ha più segreti per me, e invece naturalmente sul più bello crollavi come un sasso per poi risvegliarti di soprassalto il mattino dopo, correndo in sala nella speranza di trovare Cicciobello sotto l’albero.
Photo by Bruno Martins on Unsplash
Le estati passate nei cortili pieni di ghiaia che ti entrava letteralmente nelle ginocchia, una cicatrice a testimonianza del fatto che anche noi correvamo e sudavamo nonostante ci dicessero di non correre e non sudare, gelati confezionati come merenda costante (il biscotto o il ricoperto, i più fortunati potevano “mangiare ghiaccio puro” e avevano il Calippo), anche quelli non ci sembrano più buoni come allora (che se ci ripensiamo erano pura chimica, altro che ingredienti bio certificati e lavorazioni naturali delle materie prime a km zero): ai giorni nostri i Sofficini hanno smesso di fare subdolamente finta di sorridere e persino le caramelle sono diventate vegane, ecologiche e senza zucchero.
Photo by Matt Schwartz on Unsplash
Eppure nei nostri ricordi non c’è nulla che sia migliore degli anni della nostra infanzia, quando il solo problema era arrivare presto a scuola al mattino per sederci di fianco alla nostra amica del cuore e sbirciare prima di entrare in classe se quella mattina aveva la gonna più bella della nostra, quando le feste di compleanno non dovevi organizzarle tu ma dovevi solo arrivare con il tuo vestitino più bello, quello che la mamma non ti faceva mai mettere per non rovinarlo, mangiare torta, tramezzini e patatine come se non ci fosse un domani e giocare coi tuoi amici nel cortile del festeggiato; poi alla sera si finiva in pizzeria e nel menù c’erano sette/otto gusti diversi, tu potevi mangiare senza problemi salsiccia e quattro formaggi insieme, perché mica pensi al colesterolo e alla ritenzione quando sei piccolo.
Photo by Shourav Sheikh on Unsplash
Mi piacerebbe tornare indietro nel tempo per qualche ora, avere una sorta di DeLorean programmata che so, per i primi di giugno del 1988: saluterei mio nonno prima di non rivederlo mai più, cercando come ho sempre fatto in tutti questi anni di imprimermi il più possibile in mente la sua voce, correrei subito a mangiare un Soldino (vero) prima che sparisca dalla circolazione, poi a salutare gli amici della scuola dell’infanzia (alle elementari li ho persi quasi tutti), con la consapevolezza che alcuni li ritroverò da adulti come genitori di compagni di scuola di mia figlia; indosserei nuovamente quella salopette coi calzoncini corti color grigio brillante che tanto mi piaceva e mi preparerei ad accogliere i miei due cuginetti nati in quell’anno, a distanza di due mesi uno dall’ altra.
Photo by Arno Smit on Unsplash
Abbraccerei forte la mia mamma e il mio papà dicendogli che sarebbe andato tutto bene, che la malattia di mio fratello che sarebbe arrivata come un fulmine a ciel sereno una manciata di settimane dopo la morte di mio nonno sarebbe stata solo un grosso spavento, senza nessuna conseguenza per fortuna, e che ne avremmo parlato a cuor leggero (più o meno) per tanti anni a venire; direi alla me di sei anni che stava per iniziare le elementari di non fare caso agli amici che ti prendono in giro perché porti gli occhiali, perché quegli occhiali mi avrebbero poi permesso di passare anni sui libri a studiare finalmente tutto quello che più mi interessava, ma di concentrarmi su quegli amici e amiche che poi sarebbero stati con me per anni a venire.
Vivrei quelle ore nel 1988 con la serenità di chi va in gita di piacere ma poi torna nel suo porto sicuro, nel 2021, perché so per certo che in quei momenti di viaggio temporale sentirei profondamente la mancanza dei miei figli e di mio marito, delle loro voci e dei loro profumo, la nostalgia della loro presenza che mi aspetta come il più caldo degli abbracci nel mio presente.
La nostalgia è un sentimento che gira come una ruota, che ci porta a volte a pensare che ciò che avevamo prima sia inevitabilmente meglio di quello che abbiamo ora, un sentimento filtrato dai ricordi che ci siamo costruiti nel tempo e che sono come un velo che offusca la visione di quello che abbiamo davanti ai nostri occhi.
Ciao 1988, ti saluto definitivamente, sei stato un anno importante e denso per tanti motivi, ti custodisco nel cuore e vivo nel presente per costruire nuovi ricordi con la mia famiglia.
Questo spazio è dedicato alle vostre storie. Riflessioni, propositi, affanni, sogni, ricordi, speranze, cicatrici, obiettivi, preoccupazioni, desideri. Parole sparse, pensieri e riflessioni. Voglia di raccontarsi o semplicemente di sentirsi come a casa. Scriveteci a itrentenni@gmail.com
Cartoline dal 1988
itrentenniSono alle soglie dei trenta+ dieci, chissà a quale categoria apparterrò dopo, anche se confido in voi amiche degli anni ’80/’90.
La nostalgia appartiene al nostro DNA quasi quanto le merendine del Mulino Bianco appartengono ai sogni edulcorati della nostra infanzia (parlo da inguaribile nostalgica pseudo delusa dopo l’assaggio di un Soldino nel 202, insomma parliamoci chiaro, niente di più di un tegolino che ci ha creduto troppo).
Siamo nostalgici nel profondo, portati a pensare che tutto quello che apparteneva alla nostra infanzia fosse nettamente superiore a ciò che ci tocca da adulti, e forse in parte è così.
Photo by Annie Spratt on Unsplash
Non ricordo nulla di più confortante e caldo dei venerdì sera passati a casa della nonna, quando prima di andare a dormire ti aspettava l’immancabile tazzona di camomilla coi biscotti e la visione del cartone Disney su RaiUno (quando c’era Arianna a condurre), “Quattro bassotti per un danese” capolavoro indiscusso e ahimè troppo sottovalutato.
Ricordo ancora l’emozione provata una sera d’autunno del 1991 quando è apparsa durante l’intervallo del film la prima pubblicità di Disneyland Paris, che avrebbe aperto le porte nel 1992, un sogno ad occhi aperti per tutti noi bambini, la concreta possibilità di vivere realmente dentro ad una fiaba in un paese vicino al nostro, senza bisogno di andare nella lontanissima America (anche se a tutt’oggi non ci sono ancora stata e il sogno e la magia li ho vissuti attraverso i racconti di chi l’ha visitato).
Photo by Thomas Evraert on Unsplash
Ricordo come se fosse ieri l’atmosfera di quelle serate fredde in casa davanti alla televisione con il pigiamino di flanella e i pantaloni infilati nelle calze, incantati davanti alle pubblicità dei primi bambolotti parlanti, l’attesa dell’arrivo di Babbo Natale e quell’emozione trepidante che ti portava a non addormentarti mai la sera della Vigilia.
“Dormi o Babbo Natale non arriva, lui non si fa vedere da nessuno!”, e tu desideravi ardentemente di essere il primo a riuscirci, a poter dire sì ce l’ho fatta, Babbo Natale non ha più segreti per me, e invece naturalmente sul più bello crollavi come un sasso per poi risvegliarti di soprassalto il mattino dopo, correndo in sala nella speranza di trovare Cicciobello sotto l’albero.
Photo by Bruno Martins on Unsplash
Le estati passate nei cortili pieni di ghiaia che ti entrava letteralmente nelle ginocchia, una cicatrice a testimonianza del fatto che anche noi correvamo e sudavamo nonostante ci dicessero di non correre e non sudare, gelati confezionati come merenda costante (il biscotto o il ricoperto, i più fortunati potevano “mangiare ghiaccio puro” e avevano il Calippo), anche quelli non ci sembrano più buoni come allora (che se ci ripensiamo erano pura chimica, altro che ingredienti bio certificati e lavorazioni naturali delle materie prime a km zero): ai giorni nostri i Sofficini hanno smesso di fare subdolamente finta di sorridere e persino le caramelle sono diventate vegane, ecologiche e senza zucchero.
Photo by Matt Schwartz on Unsplash
Eppure nei nostri ricordi non c’è nulla che sia migliore degli anni della nostra infanzia, quando il solo problema era arrivare presto a scuola al mattino per sederci di fianco alla nostra amica del cuore e sbirciare prima di entrare in classe se quella mattina aveva la gonna più bella della nostra, quando le feste di compleanno non dovevi organizzarle tu ma dovevi solo arrivare con il tuo vestitino più bello, quello che la mamma non ti faceva mai mettere per non rovinarlo, mangiare torta, tramezzini e patatine come se non ci fosse un domani e giocare coi tuoi amici nel cortile del festeggiato; poi alla sera si finiva in pizzeria e nel menù c’erano sette/otto gusti diversi, tu potevi mangiare senza problemi salsiccia e quattro formaggi insieme, perché mica pensi al colesterolo e alla ritenzione quando sei piccolo.
Photo by Shourav Sheikh on Unsplash
Mi piacerebbe tornare indietro nel tempo per qualche ora, avere una sorta di DeLorean programmata che so, per i primi di giugno del 1988: saluterei mio nonno prima di non rivederlo mai più, cercando come ho sempre fatto in tutti questi anni di imprimermi il più possibile in mente la sua voce, correrei subito a mangiare un Soldino (vero) prima che sparisca dalla circolazione, poi a salutare gli amici della scuola dell’infanzia (alle elementari li ho persi quasi tutti), con la consapevolezza che alcuni li ritroverò da adulti come genitori di compagni di scuola di mia figlia; indosserei nuovamente quella salopette coi calzoncini corti color grigio brillante che tanto mi piaceva e mi preparerei ad accogliere i miei due cuginetti nati in quell’anno, a distanza di due mesi uno dall’ altra.
Photo by Arno Smit on Unsplash
Abbraccerei forte la mia mamma e il mio papà dicendogli che sarebbe andato tutto bene, che la malattia di mio fratello che sarebbe arrivata come un fulmine a ciel sereno una manciata di settimane dopo la morte di mio nonno sarebbe stata solo un grosso spavento, senza nessuna conseguenza per fortuna, e che ne avremmo parlato a cuor leggero (più o meno) per tanti anni a venire; direi alla me di sei anni che stava per iniziare le elementari di non fare caso agli amici che ti prendono in giro perché porti gli occhiali, perché quegli occhiali mi avrebbero poi permesso di passare anni sui libri a studiare finalmente tutto quello che più mi interessava, ma di concentrarmi su quegli amici e amiche che poi sarebbero stati con me per anni a venire.
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Vivrei quelle ore nel 1988 con la serenità di chi va in gita di piacere ma poi torna nel suo porto sicuro, nel 2021, perché so per certo che in quei momenti di viaggio temporale sentirei profondamente la mancanza dei miei figli e di mio marito, delle loro voci e dei loro profumo, la nostalgia della loro presenza che mi aspetta come il più caldo degli abbracci nel mio presente.
La nostalgia è un sentimento che gira come una ruota, che ci porta a volte a pensare che ciò che avevamo prima sia inevitabilmente meglio di quello che abbiamo ora, un sentimento filtrato dai ricordi che ci siamo costruiti nel tempo e che sono come un velo che offusca la visione di quello che abbiamo davanti ai nostri occhi.
Ciao 1988, ti saluto definitivamente, sei stato un anno importante e denso per tanti motivi, ti custodisco nel cuore e vivo nel presente per costruire nuovi ricordi con la mia famiglia.
I.
itrentenni@gmail.com
itrentenni
Riflessioni, propositi, affanni, sogni, ricordi, speranze, cicatrici, obiettivi, preoccupazioni, desideri. Parole sparse, pensieri e riflessioni. Voglia di raccontarsi o semplicemente di sentirsi come a casa.
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