Sono passati 20 anni da Romeo + Juliet, da Trainspotting. Da Killing Me Softly e da Wannabe delle Spice.
E mentre scrivo il caso ha voluto che alla radio passassero “cosa resterà di questi Anni ’80” di Raf, mamma mia, aiuto.
Cosa resterà dei nostri Anni ’90?
Tutto.
Ma tutto davvero.
Che poi è meglio dire “cosa tornerà”.
Voi dove eravate nel 1996?
Chi eravate?
Io sono tornata indietro nel tempo oggi come ieri, ieri grazie ai 20 anni di Romeo + Juliet, il film di Baz Luhrmann che consacrò DEFINITIVAMENTE il nostro amore per Leonardo Di Caprio. Oggi con il trailer di Trainspotting 2. TRAINSPOTTING. Ve lo ricordate vero?
Vi ricordate anche voi il monologo finale di Renton – Ewan McGregor – che diceva di scegliere un lavoro, una carriera, una famiglia, un maxitelevisore del cazzo, di scegliere il tuo futuro, di scegliere la vita fino a marcire in un ospizio? E stava tutto qui, tutto qui dentro a queste parole, il disagio di una generazione. Certo estremizzato, si sa. Ma poi neanche troppo.
Una foto pubblicata da Silvia Rossi (@lasilviacherry) in data:
Rivedere quei quattro tossici stamattina, quando è uscito il trailer del capitolo 2 (esce il 27 gennaio) mi ha nuovamente fatto rimbalzare indietro. E in questi giorni, in questo periodo lo sto facendo ripetutamente. C’è un nuovo monologo, e dice di scegliere Facebook, Twitter, Instagram e di sperare che qualcuno, da qualsiasi parte, importi. Di scegliere un lavoro, si, ma con un contratto di merda, di scegliere l’amore, e guardare la storia che si ripete. Di scegliere lo stesso per i tuoi figli, ma peggio e poi di fare un grande respiro. Beh, sono passati 20 anni anche da Trainspotting. E voi cosa avete scelto? Il futuro? La vita? Sono passati 20 anni dalle camice a quadri e dal punk rock, dalle canne fumate di nascosto al Parco Sempione, dai concerti dei NOFX e degli Offspring, dall’amore per Leonardo di Caprio e Kurt Cobain. Dalle giornate passate a cantare chiusa in camera. Incazzata col mondo, incazzata con la vita, solo perché bisognava esserlo.
A 14 anni che ne vuoi sapere per che cosa è giusto incazzarsi. Ci si incazza per la globalizzazione, o per la carta igienica che manca nel bagno della scuola. Si fanno manifestazioni con la speranza di essere utili a una rivoluzione che nemmeno ricordi il nome. Ci si incazza perché il tuo primo amore ti ha lasciato, tradito. Magari con la tua amica. L’amicizia, l’amore, il futuro avevano tutto un altro sapore. Sfocato, ma deciso. Il mondo era nostro allora, gli Oasis cantavano per la prima volta Wonderwall, tu con nostalgia salutavi la tua infanzia da Groupie dei Take That, che ormai, senza Robbie, non erano più la stessa cosa. Cantavi con passione sfrenata Swollowed dei Bush e imparavi a memoria Ironic di Alanis Morissette.
Crescevi, e ti sentivi grande, a 14 anni. Ma dai. Che tenerezza.
Diciamo sempre che i 30 (e +) anni sono il momento di un primo fottutissimo bilancio.
Bene, io a 34 anni questo bilancio non ho poi così tanta voglia di farlo, e sapete perché?
Perché non mi importa se da qualche parte c’è scritto che “è l’età giusta per…”, si, è l’età giusta per…, è vero. Per fare tutto e mettere in discussione tutto, per accettare, o fare una grandissima fatica ad accettare un cambiamento, una rinuncia. È l’età giusta per ricominciare, o incominciare. Per cambiare. E poi accettare di nuovo. È il momento per accettare dei sentimenti nuovi, senza sentirsi in colpa, delle paure nuove, senza sentirsi stupidi. È il momento di darsi tempo. Di fare un respiro.
Per scegliere il futuro, per scegliere la vita.
Quei fottuti bastardi di Trainspotting e Leonardo Di Caprio di Romeo + Julietmi hanno uccisa. Ma poi ricaricata.
Settimana prossima ci sono i Placebo a Milano. E a gennaio i Green Day.
Gli Anni ’90 sono qui. E vivono tra noi. Sarà il tempo di una seconda giovinezza, Trentenni???
Io sono Silvia, ho 33 anni e faccio la giornalista e l'attrice. Amo ascoltare le storie delle persone e raccontarle nuovamente, a modo mio. Cerco sempre di trovare il lato divertente delle cose. Rido spesso di me e amo l’ironia, in tutte le sue forme.
Sono passati 20 anni da…
Silvia RossiSono passati 20 anni.
Sono passati 20 anni da Romeo + Juliet, da Trainspotting. Da Killing Me Softly e da Wannabe delle Spice.
E mentre scrivo il caso ha voluto che alla radio passassero “cosa resterà di questi Anni ’80” di Raf, mamma mia, aiuto.
Cosa resterà dei nostri Anni ’90?
Tutto.
Ma tutto davvero.
Che poi è meglio dire “cosa tornerà”.
Voi dove eravate nel 1996?
Chi eravate?
Io sono tornata indietro nel tempo oggi come ieri, ieri grazie ai 20 anni di Romeo + Juliet, il film di Baz Luhrmann che consacrò DEFINITIVAMENTE il nostro amore per Leonardo Di Caprio. Oggi con il trailer di Trainspotting 2. TRAINSPOTTING. Ve lo ricordate vero?
Vi ricordate anche voi il monologo finale di Renton – Ewan McGregor – che diceva di scegliere un lavoro, una carriera, una famiglia, un maxitelevisore del cazzo, di scegliere il tuo futuro, di scegliere la vita fino a marcire in un ospizio? E stava tutto qui, tutto qui dentro a queste parole, il disagio di una generazione. Certo estremizzato, si sa. Ma poi neanche troppo.
Rivedere quei quattro tossici stamattina, quando è uscito il trailer del capitolo 2 (esce il 27 gennaio) mi ha nuovamente fatto rimbalzare indietro. E in questi giorni, in questo periodo lo sto facendo ripetutamente. C’è un nuovo monologo, e dice di scegliere Facebook, Twitter, Instagram e di sperare che qualcuno, da qualsiasi parte, importi. Di scegliere un lavoro, si, ma con un contratto di merda, di scegliere l’amore, e guardare la storia che si ripete. Di scegliere lo stesso per i tuoi figli, ma peggio e poi di fare un grande respiro. Beh, sono passati 20 anni anche da Trainspotting. E voi cosa avete scelto? Il futuro? La vita? Sono passati 20 anni dalle camice a quadri e dal punk rock, dalle canne fumate di nascosto al Parco Sempione, dai concerti dei NOFX e degli Offspring, dall’amore per Leonardo di Caprio e Kurt Cobain. Dalle giornate passate a cantare chiusa in camera. Incazzata col mondo, incazzata con la vita, solo perché bisognava esserlo.
A 14 anni che ne vuoi sapere per che cosa è giusto incazzarsi. Ci si incazza per la globalizzazione, o per la carta igienica che manca nel bagno della scuola. Si fanno manifestazioni con la speranza di essere utili a una rivoluzione che nemmeno ricordi il nome. Ci si incazza perché il tuo primo amore ti ha lasciato, tradito. Magari con la tua amica. L’amicizia, l’amore, il futuro avevano tutto un altro sapore. Sfocato, ma deciso. Il mondo era nostro allora, gli Oasis cantavano per la prima volta Wonderwall, tu con nostalgia salutavi la tua infanzia da Groupie dei Take That, che ormai, senza Robbie, non erano più la stessa cosa. Cantavi con passione sfrenata Swollowed dei Bush e imparavi a memoria Ironic di Alanis Morissette.
Crescevi, e ti sentivi grande, a 14 anni.
Ma dai. Che tenerezza.
Diciamo sempre che i 30 (e +) anni sono il momento di un primo fottutissimo bilancio.
Bene, io a 34 anni questo bilancio non ho poi così tanta voglia di farlo, e sapete perché?
Perché non mi importa se da qualche parte c’è scritto che “è l’età giusta per…”, si, è l’età giusta per…, è vero.
Per fare tutto e mettere in discussione tutto, per accettare, o fare una grandissima fatica ad accettare un cambiamento, una rinuncia. È l’età giusta per ricominciare, o incominciare. Per cambiare. E poi accettare di nuovo. È il momento per accettare dei sentimenti nuovi, senza sentirsi in colpa, delle paure nuove, senza sentirsi stupidi. È il momento di darsi tempo. Di fare un respiro.
Per scegliere il futuro, per scegliere la vita.
Quei fottuti bastardi di Trainspotting e Leonardo Di Caprio di Romeo + Juliet mi hanno uccisa. Ma poi ricaricata.
Settimana prossima ci sono i Placebo a Milano. E a gennaio i Green Day.
Gli Anni ’90 sono qui. E vivono tra noi. Sarà il tempo di una seconda giovinezza, Trentenni???
Silvia
silvia@itrentenni.com
Silvia Rossi
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