Trentatré anni e 4 vite diverse

La vita è fatta di fasi o magari di altre vite, come le matrioske, ma con il processo invertito: dalla più piccola alla più grande.
Io sono alla quarta bambolina.
La prima è quella dell’infanzia, per chi come me è nato negli anni ’80 e ha visto le proprie famiglie star bene.
I genitori che ti inculcavano il cervello di: “Studia amore che diventerai qualcuno!”. Io questa cosa me la sono vissuta come se fosse una predestinazione. Una secchiona, ma non quelle occhiali e schiena curva, appartenevo invece alla categoria dello “Studio perchè sono brava e ve lo dimostro!”.
Sono nata in un paesino del sud, pieno di tabù e di stereotipi, sono cresciuta con l’idea di scappare via già a 10 anni. Sarei andata ovunque ma non avrei mai passato la vita lì.
Arriva la seconda matrioska, quella dell’università, gli anni belli, spensierati, quelli dello “studio matto e disperato + due pescalemon e un mojito grazie! “. Quella dei concerti fino all’alba.
Accade poi che trovi qualcuno di speciale e succede quello che non volevi: aspetti un figlio a 24 anni e con in tasca l’iscrizione per un master all’estero. Sei a un bivio: scegli e resti.
Qui la terza matrioska: quella dei pannolini, della convivenza, del paesino che ti leva il fiato, ma tu non molli. A denti stretti stretti continui a studiare e a cercare lavoro, tra pannolini, biberon e famiglie. La vivi bene questa fase fino ad un certo punto, arrivi ai trenta che ti sei laureata, che hai esperienze lavorative e pubblicazioni, ma resti l’anima appena che eri. E qui la quarta bambolina.
Photo by Markus Spiske on Unsplash

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I trentatrè sono tosti: sai di valere come donna, come professionista e come madre, ma cazzarola sei sempre lì a dover giustificarti perché l’ambiente di lavoro è maschilista, perchè la lavatrice l’hai dimenticata e i vestiti puzzano da morire, perchè bruci la cena mentre stai preparando un esame, perchè lasci tua figlia per 20 giorni ai nonni ma c’è la sessione d’esami e tu quella magistrale la stai sudando a forza di sangue e sacrifici. Ma devi giustificarti.
Arrivi a trentatrè anni e sbrocchi, sbrocchi di brutto e capovolgi il tavolo, come direbbe Neruda, lo sbatti forte a terra e prendi da sopra di esso solo quello che vuoi davvero: il tuo lavoro e tua figlia.
Ringrazi la tua vita precedente e la chiudi con rispetto. Tu a trentatré anni non ti accontenti, non ce la fai proprio a dire “va bene così!”.
Oriana Fallaci, scrisse che, quando sei nella fase dei trent’anni sei seduta su una montagna. Vedi tutto dall’alto, sei pienamente consapevole del tuo valore e dei tuoi limiti, e puoi scegliere.
Io ho scelto di non accontentarmi, di non accettare di scegliere tra “mamma o donna in carriera”, io ho scelto di essere una trentatreenne che non ha paura, e sti cazzi!
I trentatrè anni sono duri assai, ti mettono davanti a te stessa ed è lì che scegli quanto vali.

Anonimo
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