33 anni compiuti a febbraio e la difficoltà di credere in un futuro più roseo del mio presente.
Appartengo alla categoria dei giovani emigrati al Nord per mancanza di prospettive nel proprio paese.
Vivo e lavoro da 4 anni in Lombardia, una terra che mi ha accolto, ma che non riesco a sentire mia.
A settembre/ottobre mi ritrovo sempre in una scuola diversa e devo ricominciare tutto: ambiente, colleghi e alunni diversi.
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Amo il mio lavoro e questa è l’unica cosa che mi fa andare avanti anche se sono totalmente proiettata in quell’ambito. Mi sento la perfetta rappresentazione del precariato nel lavoro e nella vita perché ho grosse difficoltà a creare delle relazioni stabili. La mia terra d’origine mi manca quando sono lontana, ma quando vi faccio ritorno mi sento sempre più un’estranea e ho l’impressione di perdere gradualmente le mie radici e le mie certezze.
A 20 anni immaginavo come sarebbe stata la mia vita approdata ai 30 e mi vedevo con un lavoro stabile, un marito e dei figli (un po’ stile famiglia ‘Mulino bianco’).
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Adesso ho paura di proiettarmi in avanti e guardo al passato e alle scelte sbagliate che ho fatto. Mi sento spesso dire che sono speciale e che merito il meglio, ma sono stanca di ritrovarmi sola a fine giornata, senza qualcuno con cui condividere gioie e problemi. Mi guardo intorno e mi ritrovo circondata da eterni Peter pan terrorizzati dall’idea di impegnarsi in un rapporto serio. Ogni volta mi ripeto che custodirò meglio il mio cuore, ma poi ci ricasco e quando una storia finisce trovo sempre più difficile rialzarmi e fidarmi di qualcuno e allora mi aggrappo alla speranza.
A settembre ricomincerò a lavorare, ricomincerò ad uscire e a sperare.
Giuliana
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itrentenni
Riflessioni, propositi, affanni, sogni, ricordi, speranze, cicatrici, obiettivi, preoccupazioni, desideri. Parole sparse, pensieri e riflessioni. Voglia di raccontarsi o semplicemente di sentirsi come a casa.
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Emme
Ciao Giuliana,
la tua storia è così simile alla mia.
Anche io isolana, anche io trapiantata al nord, anche io amo insegnare e credo che, in questa fase della mia vita, se non avessi la scuola non saprei davvero dove sbattere la testa. Ho molta paura di diventare una di quelle insegnante che riversano tutto l’amore che hanno negli studenti, perché si sentono sole e non hanno figli. Mi rendo conto che il commento è profondamente deprimente e non è minimamente di aiuto, di questo mi dispiaccio. Però ecco, se posso dirti almeno questo: non sei l’unica.
Un saluto caro dal nord d’Italia pure io (anche se dalla parte opposta)